Iphiclides podalirius

di Paolo Mazzei

La farfalla di questo mese è una delle più grandi e appariscenti della fauna europea, riconoscibile a colpo d’occhio, anche in volo, per le sue lunghe code sulle ali posteriori e per la livrea biancastra con righe nere: il Podalirio, Iphiclides podalirius (Linnaeus, 1758), descritta nel genere Papilio.

La sua distribuzione comprende buona parte dell’Europa, con l’eccezione della Penisola Iberica (dove è sostituito dall’affine Iphiclides feisthamelii (Duponchel, 1832) che, precedentemente considerato una sottospecie del Podalirio, è stato recentemente riconosciuto come specie a sé: Coutsis & van Oorschot, 2011), delle Isole Britanniche, di tutta la Scandinavia inclusa la Danimarca e della Sardegna: in tutti questi territori ci sono state solo segnalazioni occasionali.

È comunque più comune nella regione mediterranea, e si fa via via più scarso andando verso nord.

Al di fuori dell’Europa si spinge, attraverso il sud degli Urali e la Turchia, fino all’Iran e all’Asia centrale.

Pratoni del Vivaro (RM), 23 agosto 2007.

Presenta tre generazioni nelle zone più calde dell’area mediterranea, tra marzo e ottobre; due alla latitudine di Parigi, e una sola, tra maggio e agosto, nei luoghi più freddi e a quote più elevate.

Le larve sono legate a diverse specie arbustive e arboree appartenenti alla famiglia delle Rosaceae: soprattutto al genere Prunus (sia specie selvatiche che coltivate), ma anche Crataegus, Malus, Pyrus, Sorbus, Amelanchier. È citata anche dei generi Berberis (Berberidaceae) e Celtis (Cannabaceae), ma non ho mai trovato uova o larve su queste piante e non ho ho esperienze dirette di allevamento a riguardo.

Il Podalirio, secondo la Lista Rossa delle Farfalle Italiane – Ropaloceri, 2016, è valutata specie a Minore Preoccupazione (LC) per la sua ampia distribuzione e perché non vi è evidenza di declino né di minacce specifiche.

Sverna come pupa, che schiude all’inizio della primavera dando luogo alla prima (o unica) generazione.

Uovo

Le femmine depongono le uova incollandole singolarmente sulle foglie delle piante alimentari, sia sulla pagina superiore che inferiore (video di Raniero Panfili).

L’uovo è subsferico, di aspetto biancastro madreperlaceo, e schiude dopo una o due settimane, a seconda della temperatura.

A distanza di qualche giorno dalla deposizione, il colore si scurisce leggermente e assume una tonalità più calda. Poco prima della schiusa l’uovo si scurisce in modo più deciso e si intravede al suo interno la larva quasi pronta ad uscire.

Giunto il momento della schiusa, pratica con le mandibole un foro nell’involucro (corion) dell’uovo e, appena uscita, molto spesso se ne ciba.

Nel video che segue, fatto da Raniero Panfili parecchi anni fa aumentando la velocità di 4 volte, è stata ripresa la schiusa di un uovo deposto su una foglia di Amelanchier ovalis, dal momento in cui la larvetta apre un foro nell’involucro a quando lo abbandona ed esce completamente al di fuori.

Larva L1

Alla prima età la colorazione laterale delle larve può essere quasi nera (prima foto) o giallina chiara (seconda foto); dorsalmente invece è poco variabile, i primi due segmenti toracici sono scuri, il terzo chiaro, i primi tre addominali scuri, il quarto e il quinto chiari e poi gli altri segmenti addominali sono scuri fino alla fine del corpo. Dorsalmente è presente, su ciascun segmento, una coppia di protuberanze munite di setole bifide.

La larva rimane immobile a lungo, e alterna rapidi periodi di alimentazione a lunghi intervalli di quiete, quasi invariabilmente sulla pagina superiore delle foglie e ritornando sempre allo stesso punto nelle pause, punto sul quale ha steso un po’ della sua seta, che probabilmente usa anche per ritrovare il suo luogo di riposo.

Larva L2

Alla seconda età la colorazione cambia drasticamente, virando ad una tonalità verde chiara o verde-giallino, con una linea dorsale chiara e linee oblique laterali chiare appena accennate, che in realtà sono dovute, entrambe, soprattutto all’assenza di una fine puntinatura scura, presente su tutto il resto del corpo.

I tubercoli dorsali si riducono di molto, così come la lunghezza delle setole, e l’aspetto della larva è adesso decisamente criptico, ed è meglio per lei perché, se avesse mantenuto forma e colori della prima età, l’aumento delle dimensioni l’avrebbe resa ben visibile, esposta com’è sulla pagina superiore delle foglie.

Larva L3

Dopo la seconda muta comincia la terza età: la colorazione rimane grosso modo quella dell’età precedente, ma l’aspetto della larva è ora più liscio e i tubercoli dorsali si riducono di dimensioni e appaiono adesso come minuscole escrescenze emisferiche senza setole, in numero di quattro per segmento tranne il primo segmento toracico che ne è privo (per vederle, cliccate su una delle foto che seguono, per ingrandirla).

Quelle del secondo e terzo segmento toracico e del primo addominale sono di un giallo aranciato tendente al rosso (ancora di più durante la crescita e all’età successiva), mentre dal secondo all’ottavo addominale sono gialle.

Nella foto successiva si nota l’osmeterio giallo estroflesso, caratteristico delle larve dei papilionidi, a tutte le età di sviluppo: si tratta di un organo situato dorsalmente tra la capsula cefalica e il primo segmento toracico, quello che ventralmente porta la prima coppia di zampe, che può essere estroflesso ed ha l’aspetto di un’appendice carnosa lucida e flessibile, assai mobile e bifida, simile alle appendici retrattili dei molluschi gasteropodi (chiocciole e lumache).

La larva estroflette l’osmeterio in caso di disturbo da parte di potenziali predatori, e quest’organo emette un odore forte e, apparentemente, sgradevole soprattutto per gli altri artropodi che potrebbero predare la larva (mantidi, formiche, ragni, …). Personalmente non trovo l’odore emesso così sgradevole, comunque è ben avvertibile.

È stato ipotizzato che l’osmeterio dei papilionidi possa far assomigliare la parte anteriore della larva ad una testa di serpente, con la lingua biforcuta che fuoriesce, ma non mi sembra molto convincente, soprattutto per i papilionidi europei che non sono provvisti di falsi occhi toracici, a perfezionare l’ipotetica somiglianza

Larva L4

Il passaggio dalla terza alla quarta e ultima età non comporta modifiche significative, a parte l’ovvio incremento dimensionale, e anche le abitudini della larva rimangono le stesse: lunghe pause di immobilità sopra alla foglia scelta per il riposo, rapide fasi di alimentazione sulle foglie vicine e il non dare troppo nell’occhio, aiutato dalla forma e dal colore: colore che è di solito verde, spesso verde tendente al giallo, a volte con macchie verde più scuro o marrone rossastro, oltre ai tubercolini dorsali gialli e rossastri, conservati dalla terza età.

Spesso si incontrano larve con macchie dorsali rosso-brune. Foto di Raniero Panfili.

Nella foto che segue si vede molto bene il “lettino” di seta che la larva fila nel suo luogo di riposo, e al quale si aggrappa con i minuscoli uncini presenti all’estremità delle false zampe, per evitare di cadere: come per tutte le specie che vivono su alberi e arbusti, una caduta può risultare fatale, non tanto per il trauma vero e proprio della caduta, quanto per la difficoltà per la larva, dotata di una vista molto scarsa per non dire inesistente (gli ocelli le permettono di distinguere il giorno dalla notte o poco più), di ritrovare il suo albero o un altro adatto alle sue esigenze alimentari.

La foglia di cui si nutre non è mai quella sulla quale si riposa: nella fasi di alimentazione lascia la “stanza da letto” e si sposta in quella da pranzo, per ritornare sempre al suo lettino di seta: questo modo di fare, comune a diverse specie arboree criptiche che fanno le loro lunghe pause sulla pagina superiore delle foglie, l’abbiamo già incontrato parlando del Charaxes jasius.

Il profilo della larva, con la parte anteriore alta e dorsalmente curva, e la posteriore sempre più stretta verso la fine del corpo, ricorda una foglia e contribuisce a renderne l’aspetto ancora più criptico.

Le larve, quando si spostano per nutrirsi o per ritornare al proprio letto di seta, adottano un’andatura altalenante, comune ad altre specie criptiche appartenenti a gruppi animali anche molto lontani tra loro, come alcune mantidi e i camaleonti, andatura che si può vedere in questo video di Raniero Panfili, in cui sono riprese due larve mature.

La larva, quando ha terminato l’accrescimento e sta per trasformarsi in pupa, vira ad una tonalità leggermente più giallastra e di solito non scende dalla pianta su cui si nutriva, ma cerca semplicemente un rametto, e a volte anche una foglia, per ancorarsi in vista della trasformazione.

Scelto un supporto adatto, fila un cuscinetto di seta che le servirà per aggrapparvisi con il paio terminale di false zampe. Poi fila una cintura di seta che fissa in due punti vicini dopo averla fatta passare sul dorso, vi si appoggia e abbandona la presa con le false zampe: adesso è pronta per la trasformazione in pupa.

Pupa

Il supporto che la larva sceglie può essere sia una foglia, sia un rametto, sia il tronco dell’arbusto su cui si alimentava la larva, che raramente abbandona la pianta alimentare per andarsi a impupare altrove.

Le pupe sono verdi o brune, e spesso, soprattutto in quelle che non svernano, c’è omocromia con il supporto.

Le pupe svernanti sono quasi sempre brune, come quella della foto successiva trovata alla fine di settembre, indipendentemente dal colore della foglia a cui si è assicurata.

La foglia sarebbe comunque diventata bruna nel corso dell’autunno, per poi cadere al suolo, cosa pericolosa per la pupa, che sarebbe così stata, per tutto l’inverno, in balia dei predatori e con il rischio di finire sott’acqua in caso di forti piogge invernali.

Ma la larva, prima di impuparsi, ha fatto una robusta legatura, per mezzo di un gran numero di fili di seta, tra il picciolo e il fusto, per fissare la foglia al fusto ed evitarne la caduta, come si vede nel dettaglio della seconda foto.

Quando l’adulto sta per schiudere, dopo un paio di settimane nelle generazioni estive e alla fine dell’inverno per le pupe svernanti, in trasparenza attraverso gli astucci alari si vede con estrema chiarezza la pagina superiore delle ali anteriori, che vengono tenute parzialmente arrotolate contro il corpo e dovranno stendersi nei primi minuti successivi alla schiusa, appena l’adulto abbandona l’involucro pupale.

La fase di distensione delle ali è assai critica: l’adulto neo-sfarfallato deve appendersi immediatamente, con le zampe, alla pupa da cui è uscito o al rametto vicino, facendo in modo che le ali pendano verso il basso senza toccare o appoggiarsi a niente mentre acquistano le dimensioni e la forma definitiva e si induriscono.

Qualunque problema in questa fase delicata ha come conseguenza delle malformazioni che spesso rendono le ali inadatte al volo.

Adulto

Il dimorfismo sessuale è minimo, maschio e femmina si riconoscono solo per le dimensioni e i dettagli morfologici dell’estremità dell’addome.

Maschio (visibili le due valve all’estremità dell’addome). Psili Ammos, Serifos, Grecia, 25 ottobre 2016.

Psili Ammos, Serifos, Grecia, 25 ottobre 2016.

Rocca di Papa (RM), 3 Aprile 2020.

Femmina su Matthiola tricuspidata, si vede un uovo incollato all’estremità dell’addome. Sikamià, Serifos, Grecia, 3 aprile 2018.

Maschio (visibili le due valve all’estremità dell’addome). Psili Ammos, Serifos, Grecia, 24 ottobre 2016.

Pratoni del Vivaro (RM), 23 settembre 2007.